venerdì 15 aprile 2011

Verdena - Ormogenia.

Affogami dentro te
io non ho mai un po' di me
bruciami, stai con me
con me.

Affogami dentro te
Io non ho mai un po' di me
con te.

..Hegel.

"L'amore è quel miracolo per cui ciò che è due diviene uno, senza per altro implicare l'eliminazione della dualità".

domenica 20 marzo 2011

Verdena - Luna.

Dipingimi distorto come un angelo anormale che cade
Offendimi, se odiare è un crimine il prezzo è uguale e fa male
E vedo te, io e te, niente conta in fondo
Illumina annulla le paure oh luna nulla è uguale
Sarò così onesto come se tu fossi il mare, il mare
E vedo te, io e te, niente conta e crolla, crolla
E vedo te, io e te, niente conta in fondo.


giovedì 17 marzo 2011

Il Nichilismo.

Il nichilismo è una concezione delle cose, in base alla quale la realtà sarebbe inesorabilmente destinata a declinare nel nulla, ovvero, dal punto di vista etico, sarebbe indeterminabile o assente una finalità ultima che orienti il corso delle cose e la vita dell’uomo. Dato che l’uomo è limitato e sperimenta ogni giorno questo limite nella morte e nelle sue dolorose anticipazioni, allora egli può essere spinto a considerare che il niente sia il vero senso dell’essere. L’affermazione nichilista nega pertanto, in questo senso, vera consistenza alla realtà e di conseguenza esclude che l’uomo possa fare esperienza della verità in quanto tale, considerata come oggettiva e universale.

mercoledì 16 marzo 2011

...Bertrand Russell...

"Il problema dell'umanità è che i folli e i fanatici sono estremamente sicuri di se stessi, mentre le persone più sagge sono piene di dubbi".

Bertrand Russell è considerato uno dei fondatori della filosofia analitica a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento.

lunedì 14 marzo 2011

Ciascuno di noi si crede "uno" ma in realtà è "tanti" poichè in noi ci sono tante possibilità d'essere; noi siamo "uno" con questo, "uno" con quello e ogni volta sempre in maniera diversa. (Pirandello)

Questo è il dramma che affligge Pirandello e che dovrebbe suscitare interesse in tutti gli uomini. La domanda che ogni uomo dovrebbe sempre porsi è "ma io chi sono veramente?", poichè credo che una delle ignoranze peggiori sia l'ignoranza del proprio essere. Conoscere se stessi, infatti, è molto importante, ma ciò che rende complicata quest'impresa è la stessa personalità dell'uomo la quale si caratterizza per la sua complessità e varietà. Il più delle volte siamo portati a pensare che la cosa più difficile sia conoscere gli altri, che non si finisca mai di conoscere chi ci sta intorno e forse nemmeno ci accorgiamo di quant'è complicato sapere chi siamo, sapere come rapportarci agli altri. E così, come afferma Pirandello, viviamo con l'illusione di essere sempre "uno per tutti", di essere sempre uguali in qualsiasi situazione, in tutto ciò che facciamo. Ma più il tempo passa e più mi accorgo che non è così, che accade esattamente l'opposto. Solitamente quando siamo soli siamo "noi stessi", abbiamo delle idee, abbiamo i nostri princìpi, ma poi agli occhi degli altri ci creiamo un'altra immagine per paura di non essere accettati, di risultare banali, di sentirci inferiori, senza neanche accorgercene.
Così spesso se compiamo una scelta in presenza di altra gente che suscita in noi soggezione o imbarazzo, facciamo la scelta sbagliata e quando "ritorniamo in noi stessi", quando siamo soli, in quei momenti in cui la cosa più bella è pensare a tutto e a niente, ci rendiamo conto che avremmo voluto tutt'altro. Dunque Pirandello ha ragione. L'uomo possiede così tante sfaccettature che nemmeno egli stesso riesce a comprendere il suo essere fino in fondo. Il problema è che tutti gli uomini dovrebbero essere consapevoli della varietà del proprio essere. Molte volte riusciamo a cogliere le diverse sfaccettature che ci caratterizzano, ma è come se trovassimo più facile e più comodo avere tante maschere a seconda degli ambienti e delle situazioni in cui ci troviamo, piuttosto che mantenere inalterato il nostro IO. Spesso quindi rinunciamo a ciò che vogliamo e a ciò in cui crediamo davvero soltanto perchè un cambiamento potrebbe stravolgere il precario equilibrio della nostra vita, o soltanto per la paura di perdere qualcuno, di ferire qualcuno, di essere giudicati da qualcuno.  Ma perchè continuare a mentire a se stessi? O meglio, perchè cercare di mentire a se stessi? Tutti noi infatti sappiamo benissimo che prima o poi, nei momenti di solitudine, la verità viene fuori, il nostro IO prende il sopravvento e questo ci fa stare male, ci riempie di dubbi. E tutto ciò perchè fortunatamente nessuno può conoscere e controllare i pensieri e i sogni degli altri, spesso neanche noi stessi ci riusciamo: i pensieri ci sfuggono, pensiamo ciò che non vorremmo mai pensare. Questa è dunque la più grande e la più bella libertà che l'uomo avesse mai potuto ottenere. Una libertà che molte volte cerchiamo, una libertà di cui abbiamo bisogno e grazie alla quale riusciamo a sfuggire ai giudizi degli altri, ma che alle volte ci terrorizza. Per affermare noi stessi però, il nostro io, quello vero, è necessario andare oltre questa paura, poichè essa non fa altro che renderci deboli e insicuri. Non dobbiamo mai rifugiarci nella menzogna poichè significherebbe solo esistere, non vivere. E noi dobbiamo vivere.
Dunque se Pirandello crede giustamente che ciascuno di noi non sia "uno", ma "centomila", la più grande vittoria dell'uomo sarebbe riuscire a contraddire tutto ciò e ad essere se stesso sempre, a portare avanti ciò in cui crede, a stare lontano dalle ipocrisie, pur nelle sue infinite sfaccettature. Ma a questo punto l'uomo tenderebbe quasi alla perfezione, e a dir la verità, l'uomo perfetto non sarebbe più l'uomo vero in quanto credo che egli sia nato tale in quanto pura imperfezione.

Chi è Henry Bahus? E' una storia un pò lunga ma vale la pena di leggerla! XD

Chi è Henry Bahus? Era il protagonista di una storiella che girava su internet qualche anno fa... ma il vero nome è "Herny", cambiato poi dai Verdena in "Henry"...
Questa è la storia di herny bahus che può essere chiunque.

Ciò che gli dava più pena era se stesso. La sua statuaria vanità, la sua gelida
staticità, il suo non piegarsi, il suo non cambiare, la sua splendida falsità,
lo divorava, lo appesantiva. Me ne accorgevo specialmente la mattina. La mattina
si notava di più quella maschera, perché mentre la mattina non si è ancora
compromessi, mentre sono tutti più storditi e indifesi, herny bahus era già
divorato da se stesso, angelicamente sbronzo, ed era notevolmente più furbo ed
attento degli altri, e quella maschera con la quale gli altri si apprestavano a
coprirsi, presi dalla loro calda solitudine, herny bahus non se la era mai
tolta, ed era un fulmine, ed era già un vecchio, perché dell’ingenuità giovanile
aveva ucciso la semplicità. E credo che la sua diabolica senilità lo lacerasse
nel profondo, nel profondo, l’herny bahus che non era mai esistito piangeva
gocce di limone.
Ed era in effetti uno dei ragazzi con più esperienza che abbia mai conosciuto, e
capisco perché, in definitiva si sentisse così stanco. Herny bahus era morto
quell’inverno, per non più rinascere, forse si era deciso di concludere quella
sua adolescenza di cemento così, senza ascoltarsi, lasciandosi sopraffare da ciò
che avrebbe potuto mostrare di bello, da ciò che gli conveniva mostrare per non
avere dolore dal profondo, da ciò che tendenzialmente era sempre apparso, ma che
splendidamente sapeva non essere. Forse il suo cervello, il suo fegato ed il suo
cuore erano convinti che si sarebbe potuto sopravvivere pacificamente in questo
modo; fino a quando? Fino alla fine della scuola forse, fino all’inizio di un
lavoro da accettare e apprezzare con riverenza, fino a quando l’herny bahus che
sarebbe dovuto nascere prima o poi avesse rinunciato a manifestarsi, e tutto
sarebbe stato più uniforme. Perché in definitiva tutti prima o poi moriamo, per
poi non alzarci più. E mi piace dire che herny bahus quell’inverno aveva chiuso
troppo presto i suoi 16 anni, e gli rimanevano ancora troppi mesi per rialzarsi,
ed almeno a quanto ci lasciasse intendere trovava più comodo non rialzarsi e
farsi trasportare, e vivere come una pianta al vento, come in un film di una
pianta al vento, perché anestetizzato. Non che fosse impossibile a lui cambiare,
ma in quei primi mesi del 2001 credevo che nulla e poi nulla fosse in grado di
colpirlo, di ferirlo, di scaldarlo; e ripensando l’herny bahus che mi piace
immaginare non era mai esistito, ed in tutta la sua vita è esistito per poche
settimane, perché posso bene insistere, l’herny bahus di quell’inverno era solo
l’evoluzione estremista di un sedicenne perso, e allora come ora herny bahus
era lontanissimo da se stesso.
Ma càzzo almeno nel ghiaccio di dicembre herny correva, era un gigante, era
operoso, perché mai come in quei mesi di pioggia il mondo aveva avuto tante
visite da herny bahus. Ed il mondo correva, ed herny non più, ed era una vita
che h. b. si era ormai scoperto caldo nel suo fiato adolescenziale. Insomma
herny bahus non usciva più di casa, e pomeriggi che si piegavano in parti
uguali su se stessi volavano come coriandoli, e settimane rincorrevano
settimane, ed herny si inseriva a fatica tra una domenica ed un lunedì, e
l’inverno era volato come un brivido, e con esso si era chiuso un herny bahus, e
se ne era presentato un altro di sola presenza, e questo sembrava bastargli
quasi a sufficienza, per chiudere, terribilmente stanco di quel riposo, si
avvicinava a marzo. punto.